Le scuole nuove e l’attivismo

Nascita delle scuole nuove

Le scuole nuove cominciarono ad affermarsi tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, sulla base del bisogno di rivedere l’organizzazione, i contenuti e i metodi di una scuola ormai non più rispondente alle esigenze sociali emergenti da un mondo in rapida trasformazione.
Non a caso esse nacquero in Inghilterra, un paese all’avanguardia nello sviluppo economico e sociale e particolarmente attento al raccordo tra scuola e società, grazie alla lezione di John Locke, che aveva rivoluzionato i programmi scolastici in funzione di una cultura «utile»
alla formazione delle classi dirigenti.

Le scuole nuove in Inghilterra

Cecil Reddie istituì la prima New School nel 1889 ad Abbotsholme, nel Derbyshire, una scuola privata, destinata all’educazione dell’upper class. In essa si insegnavano le lingue e le scienze attraverso il lavoro manuale, la vita all’aria aperta, i viaggi e la conoscenza del mondo. Il suo motto era «liberty is obedience to the law». La disciplina della scuola era infatti rigida e finalizzata alla formazione del carattere, ma orientata lockeanamente al raggiungimento di un’adesione consapevole alla norma.
La scuola sperimentale di Reddie diventò, in breve, il modello della scuola dell’innovazione.
Nella stessa Inghilterra vi si ispirò Haden Badley, allievo di Reddie, che introduce nella sua scuola di Bedales, nel Sussex, la coeducazione dei sessi e le prime forme di autogoverno dei giovani.

L’esperienza delle scuole nuove nel resto d’Europa

In Germania, il modello venne ripreso da Hermann Lietz, già educatore ad Abbotsholme, il quale, però, accolse nelle sue Case di educazione in campagna le forme organizzative del maestro, ma non anche gli ideali educativi, adeguandosi in ciò alle richieste dell’aristocrazia terriera dell’età guglielmina, conservatrice ed autoritaria.

In Francia, fu Edmond Demolins ad ispirarsi al modello inglese nella creazione dell’Ecole Des Roches (1898). Anche qui La scuola è destinata ai figli dell’alta borghesia, con l’insegnamento delle lingue (da parte di docenti di madrelingua e corsi trimestrali all’estero) ed attività di apprendimento strettamente legate all’esperienza diretta degli alunni per lo studio di matematica, scienze, storia e geografia. In quest’istituzione, la scuola secondaria di secondo grado fu suddivisa in un primo triennio con funzioni di orientamento rispetto al corso superiore, articolato in quattro indirizzi, letterario, scientifico, agrario e industriale, al fine di raccordare strettamente scuola e società.

In Italia, infine, l’esperienza della New School inglese e del movimento innovativo europeo operò
nell’esperienza della Rinnovata (1911), introdotta da Giuseppina Pizzigoni nel quartiere popolare della Ghisolfa di Milano. L’Italia era in ritardo nello sviluppo industriale, per cui il modello di G. Pizzigoni ebbe una vocazione popolare e si affermò all’interno della scuola pubblica, con tratti distintivi rispetto al movimento europeo. Rilevante nella Rinnovata la dilatazione dello spazio scolastico che si prolungava nell’ambiente esterno, nel quale gli alunni andavano incontro, attraverso l’esperienza diretta, al mondo degli uomini e delle cose; e la dilatazione del tempo scolastico in funzione di una formazione capace di abbracciare la totalità dello sviluppo infantile.

Adolphe Ferrière

Adolphe Ferrière (1879-1961), fondatore nel 1902 della prima Casa di educazione in campagna della Svizzera a Glarisegg, fu una delle figura di riferimento fondamentali dell’attivismo pedagogico europeo. Nel 1899 fondò l’Ufficio internazionale delle scuole nuove al fine «di stabilire rapporti di reciproco aiuto fra le varie “scuole nuove”, di raccogliere i documenti della loro vita, di mettere in valore le esperienze fatte da questi laboratori della pedagogia dell’avvenire». In occasione del Primo Congresso internazionale dell’educazione nuova, tenutosi a Calais nel 1921, raccoglie i «principi che stanno a fondamento della scuola attiva», riassumendoli nei seguenti punti:

  • espressione dell’energia vitale del fanciullo;
  • rispetto dell’individualità singolare;
  • spontanea espressione degli interessi e dell’esperienza diretta;
  • attenzione alle fasi di sviluppo;
  • atteggiamento cooperativo;
  • coeducazione;
  • educazione dell’uomo e del cittadino.
Pierre Bovet

Fu Pierre Bovet, direttore dell’Istituto Superiore delle Scienze dell’Educazione J.-J. Rousseau di Ginevra, tuttavia, a coniare l’espressione “scuola attiva“, che sintetizza il principio di una nuova educazione puerocentrica, opposta all’educazione tradizionale disattenta alla natura e ai bisogni dell’allievo. La scuola attiva nacque in risposta a problemi sociali specifici, come l’educazione della classe dirigente e si caratterizzò, oltre che per una critica serrata all’educazione tradizionale, per la ristrutturazione degli spazi scolastici, per la richiesta di preparazione pedagogica e relazionale della figura dell’insegnante, per il primato del “fare” e la sintesi della cultura umanistica e tecnica.


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